L'Ambito di Applicazione della Logica
- La logica si occupa principalmente di argomentazioni deduttive.
- Un'argomentazione è deduttivamente valida se e solo se la conclusione è una conseguenza logica delle premesse.
- Un caso è uno scenario ipotetico in cui le frasi sono vere o false.
- Un controesempio a un'argomentazione è un caso in cui tutte le premesse sono vere e la conclusione non è vera.
- Un'argomentazione è induttivamente valida se e solo se la conclusione è probabilmente vera quando tutte le premesse sono vere.
- La logica non si occupa di argomentazioni induttive.
Conseguenza e validità
Nella lezione precedente abbiamo parlato di argomentazioni, cioè raccolte di frasi (le premesse), seguite da una singola frase (la conclusione). Abbiamo detto che alcune parole, come quindi, indicano quale frase dovrebbe essere la conclusione. Quindi, naturalmente, suggerisce che c'è una connessione tra le premesse e la conclusione, ovvero che la conclusione segue da, o è una conseguenza delle, premesse.
Questa nozione di conseguenza è una delle cose principali di cui si occupa la logica. Si potrebbe persino dire che la logica è la scienza di ciò che segue da cosa. La logica sviluppa teorie e strumenti che ci dicono quando una frase segue da alcune altre.
Riprendiamo l'argomentazione con cui abbiamo iniziato la lezione precedente:
O il maggiordomo o il giardiniere l'ha fatto.
Il maggiordomo non l'ha fatto.
∴ Il giardiniere l'ha fatto.
Non abbiamo alcun contesto riguardo ciò a cui si riferiscono le frasi in questa argomentazione.
Forse sospetti che "l'ha fatto" qui significhi "è stato l'autore" di qualche crimine non specificato. Potresti immaginare che l'argomentazione si verifichi in un romanzo giallo o in uno spettacolo televisivo, forse pronunciata da un detective che esamina le prove. Ma anche senza avere nessuna di queste informazioni, probabilmente concordi che l'argomentazione sia buona nel senso che qualunque cosa a cui si riferiscano le premesse, supponendo che siano entrambe vere, anche la conclusione non può che essere necessariamente vera. Se la prima premessa è vera, cioè è vero che "o il maggiordomo l'ha fatto o il giardiniere l'ha fatto", allora almeno uno di loro "l'ha fatto", qualunque cosa significhi. E se la seconda premessa è vera, allora il maggiordomo "non l'ha fatto". Questo lascia solo un'opzione: "il giardiniere l'ha fatto" deve essere vero. Qui, la conclusione segue dalle premesse.
Chiamiamo valide le argomentazioni che hanno questa proprietà.
Argomentazioni valide
Un'argomentazione è valida se e solo se la conclusione è una conseguenza delle premesse.
Viceversa, considera la seguente argomentazione:
Se l'autista l'ha fatto, la cameriera non l'ha fatto.
La cameriera non l'ha fatto.
∴ L'autista l'ha fatto.
Non abbiamo ancora idea di cosa si stia parlando qui. Ma, ancora, probabilmente concordi che questa argomentazione sia diversa dalla precedente in un aspetto importante. Se le premesse sono vere, non è garantito che anche la conclusione sia vera. Le premesse di questa argomentazione non escludono, da sole, che qualcuno diverso dalla cameriera o dall'autista "l'abbia fatto". Quindi c'è un caso in cui entrambe le premesse sono vere, eppure l'autista non l'ha fatto, cioè la conclusione non è vera. In questa seconda argomentazione, la conclusione non segue dalle premesse.
Se, come in questa argomentazione, la conclusione non segue dalle premesse, diciamo che è non valida.
Casi e tipi di validità
Come abbiamo determinato che la seconda argomentazione è non valida?
Abbiamo indicato un caso in cui le premesse sono vere e in cui la conclusione non lo è. Questo era lo scenario in cui né l'autista né la cameriera l'hanno fatto, ma lo ha fatto una terza persona. Chiamiamo un tale caso CONTROESEMPIO dell'argomentazione.
Se c'è un controesempio per un'argomentazione, la conclusione non può essere una conseguenza delle premesse. Perché la conclusione sia una conseguenza delle premesse, la verità delle premesse deve garantire la verità della conclusione. Se c'è un controesempio, la verità delle premesse non garantisce la verità della conclusione.
Come logici, vogliamo essere in grado di determinare quando la conclusione di un'argomentazione segue dalle premesse. E la conclusione è una conseguenza delle premesse se non c'è un controesempio, ossia nessun caso in cui le premesse sono tutte vere ma la conclusione non lo è.
Questo motiva una definizione:
Conseguenza Logica
Una frase
In tal caso diciamo che A SEGUE DA
Questa definizione è incompleta: non ci dice cos'è un "caso" o cosa significa essere "vero in un caso".
Finora abbiamo visto solo un esempio: uno scenario ipotetico che coinvolge tre persone. Delle tre persone nello scenario, un autista, una cameriera e una terza persona, l'autista e la cameriera non l'hanno fatto, ma la terza persona sì. In questo scenario, come descritto, l'autista non l'ha fatto, e quindi è un caso in cui la frase "l'autista l'ha fatto" non è vera. Le premesse della nostra seconda argomentazione sono vere, ma la conclusione non è vera: lo scenario è un controesempio.
Abbiamo detto che le argomentazioni in cui la conclusione è una conseguenza delle premesse sono chiamate valide, e quelle in cui la conclusione non è una conseguenza delle premesse sono non valide.
Dato che ora abbiamo almeno un primo tentativo di definizione di "conseguenza", possiamo affermare questo:
Argomentazioni valide e non valide
- Un'argomentazione è valida se e solo se la conclusione è una conseguenza delle premesse.
- Un'argomentazione è non valida se e solo se non è valida, cioè ha un controesempio.
I logici si occupano di rendere più precisa la nozione di "caso", e di investigare quali argomentazioni sono valide quando "caso" è reso preciso in un modo o nell'altro.
Se diamo a "caso" il significato di "scenario ipotetico" come il controesempio alla seconda argomentazione, è chiaro che la prima argomentazione conta come valida. Se immaginiamo uno scenario in cui o il maggiordomo o il giardiniere l'ha fatto, e anche il maggiordomo non l'ha fatto, stiamo automaticamente immaginando uno scenario in cui il giardiniere l'ha fatto. Quindi qualsiasi scenario ipotetico in cui le premesse della nostra prima argomentazione sono vere rende automaticamente vera la conclusione della nostra prima argomentazione. Questo rende valida la prima argomentazione.
Rendere "caso" più specifico interpretandolo come "scenario ipotetico" è un progresso. Ma non è la fine della storia. Il primo problema è che non sappiamo cosa contare come scenario ipotetico. Sono limitati dalle leggi della fisica? Da ciò che è concepibile o immaginabile, in un senso molto generale? Le risposte che diamo a queste domande determinano quali argomentazioni contiamo come valide.
Supponiamo che la risposta alla prima domanda sia "sì". Considera la seguente argomentazione:
Il rover Perseverance ha inviato un messaggio da Marte alla Terra.
Il messaggio ha impiegato 16 minuti per arrivare.
∴ Marte è a circa 300 milioni di chilometri dalla Terra.
Un controesempio a questa argomentazione sarebbe uno scenario in cui il messaggio inviato dal rover impiega 3 secondi, superando la velocità della luce.
Poiché tale scenario è incompatibile con le leggi della fisica, non possiamo considerare tale scenario se gli scenari ipotetici devono conformarsi alle leggi della fisica.
Se invece gli scenari ipotetici non sono limitati dalle leggi della fisica, tuttavia, abbiamo un valido controesempio: uno scenario dove un messaggio radio impiega 3 secondi e viaggia più veloce della luce.
Supponiamo che la risposta alla seconda domanda sia "sì", ossia che uno scenario sia limitato solo da ciò che è immaginabile o concepibile dall'intelletto umano, e consideriamo un'altra argomentazione:
Sara è un'oftalmologa.
∴ Sara è un medico degli occhi.
Se permettiamo solo scenari concepibili, anche questa è un'argomentazione valida. Se immagini che Sara sia un'oftalmologa, con ciò immagini che Sara sia un medico degli occhi. È proprio quello che significano "oftalmologo" e "medico degli occhi". Uno scenario in cui Sara è un'oftalmologa ma non un medico degli occhi è escluso dalla connessione concettuale tra queste parole.
A seconda di che tipi di casi consideriamo come potenziali controesempi arriviamo a diverse nozioni di conseguenza e validità.
La validità è caratterizzata dall'assenza di controesempi. Ma quello che conta come controesempio può essere diverso per diverse nozioni. Per esempio, potremmo escludere controesempi che violano le leggi di natura, o controesempi che violano connessioni concettuali tra parole come "medico degli occhi" e "oftalmologo". Quindi, potremmo chiamare un'argomentazione NOMOLOGICAMENTE VALIDA se non ci sono controesempi che rispettano le leggi di natura, e un'argomentazione CONCETTUALMENTE VALIDA se non ci sono controesempi che rispettano connessioni concettuali tra parole. Per entrambe queste nozioni di validità, aspetti del mondo (ad es., quali sono le leggi di natura) e aspetti del significato delle frasi nell'argomentazione (ad es., che "oftalmologo" significa semplicemente un tipo di medico degli occhi) figurano nel determinare se un'argomentazione conta come valida.
Validità Nomologica e Concettuale
- Un'argomentazione è NOMOLOGICAMENTE VALIDA se e solo se non ha controesempi che rispettano le leggi di natura.
- Un'argomentazione è CONCETTUALMENTE VALIDA se e solo se non ha controesempi che rispettano le connessioni concettuali tra le parole nelle frasi dell'argomentazione.
Validità formale
Una caratteristica distintiva della conseguenza logica, tuttavia, è che non dovrebbe dipendere dal contenuto delle premesse e della conclusione, ma solo dalla loro forma logica.
In altre parole, come logici vogliamo sviluppare una teoria che catturi ancora un altro modo in cui le argomentazioni possono essere valide. Per esempio, entrambe
Sara è o un'oftalmologa o una dentista.
Sara non è una dentista.
∴ Sara è un medico degli occhi.
e
Sara è o un'oftalmologa o una dentista.
Sara non è una dentista.
∴ Sara è un'oftalmologa.
sono argomentazioni valide.
Ma mentre la validità della prima dipende dal contenuto (cioè, il significato di "oftalmologa" e "medico degli occhi"), la seconda no.
La seconda argomentazione è FORMALMENTE VALIDA.
Validità Formale
Un'argomentazione è FORMALMENTE VALIDA se e solo se non ha controesempi che rispettano la forma logica dell'argomentazione, ossia sono indipendenti dal contesto o dal significato delle parole nelle frasi dell'argomentazione.
Possiamo descrivere la "forma" di questa argomentazione come un modello, qualcosa del genere:
∴
Qui, A, X e Y sono dei segnaposto per espressioni appropriate che, quando sostituite ad A, X e Y, trasformano il modello in un'argomentazione costituita da frasi. Per esempio,
Chiara è o una matematica o una botanica.
Chiara non è una botanica.
∴ Chiara è una matematica.
è un'argomentazione della stessa forma, ma la prima argomentazione sopra non lo è: dovremmo sostituire Y con espressioni diverse (una volta con "oftalmologa" e una volta con "medico degli occhi") per ottenerla dal modello.
Inoltre, la prima argomentazione non è formalmente valida. La sua forma è questa:
∴
In questo modello possiamo sostituire
Chiara è o una matematica o una botanica.
Chiara non è una botanica.
∴ Chiara è un'acrobata.
Questa argomentazione è chiaramente non valida, poiché possiamo immaginare una matematica di nome Chiara che non è un'acrobata.
La nostra strategia come logici sarà di elaborare una nozione di "caso" su cui un'argomentazione risulta essere valida solo se è formalmente valida. Chiaramente tale nozione di "caso" dovrà violare non solo alcune leggi di natura ma alcune leggi dell'italiano. Poiché la prima argomentazione è non valida in questo senso, dobbiamo permettere come controesempio un caso dove Sara è un'oftalmologa ma non un medico degli occhi. Quel caso non è una situazione concepibile: è escluso dai significati di "oftalmologa" e "medico degli occhi".
Quando consideriamo casi di vario tipo per valutare la validità di un'argomentazione, faremo un'importante assunzione. Assumiamo che ogni caso renda ogni frase in considerazione vera o non vera. Questo significa prima di tutto che qualsiasi scenario immaginato che lasci indeterminato se una frase nella nostra argomentazione è vera non sarà considerato come potenziale controesempio. Per esempio, uno scenario dove Sara è una dentista ma non un'oftalmologa conterà come caso da considerare nelle prime argomentazioni in questa sezione, ma non come caso da considerare nelle ultime due: non ci dice se Chiara è una matematica, una botanica, o un'acrobata. Se un caso non rende vera una frase, diciamo che la rende falsa. Assumeremo quindi che i casi rendano le frasi vere o false ma mai entrambe.
L'assunzione che le frasi siano vere o false e non entrambe è chiamato Principio di non Contraddizione.
Principio di non Contraddizione
Ogni frase è vera o falsa, ma non entrambe.
Questo principio è fondamentale per la logica che svilupperemo in queste lezioni. Lo useremo per escludere potenziali controesempi quando valutiamo la validità delle argomentazioni. Esso fu enunciato per la prima volta da Aristotele, che lo considerava un principio fondamentale del pensiero razionale.
Anche se questa assunzione ti sembra di buon senso, è controversa tra i filosofi della logica.
Prima di tutto, ci sono logici che vogliono considerare casi in cui le frasi non sono né vere né false, ma hanno qualche tipo di livello intermedio di verità. In tal caso si parla di Logica Fuzzy dove una frase può essere vera al 70% o al 90%, e così via.
Più controversamente, alcuni filosofi pensano che dovremmo permettere la possibilità che le frasi siano sia vere che false allo stesso tempo. Ci sono sistemi di logica in cui le frasi possono essere né vere né false, o entrambe, ma non li discuteremo in questo corso.
Argomentazioni solide
Prima di andare avanti ed eseguire questa strategia, alcune chiarificazioni.
Abbiamo definito le argomentazioni come raccolte di frasi in cui una (la conclusione) dovrebbe seguire dalle altre (le premesse).
Le argomentazioni in questo senso sono usate continuamente nel discorso quotidiano e scientifico. Quando lo sono, le argomentazioni sono date per sostenere o persino provare le loro conclusioni. Ora, se un'argomentazione è valida, sosterrà la sua conclusione, ma solo se le sue premesse sono tutte vere. La validità esclude la possibilità che le premesse siano vere e la conclusione non sia vera allo stesso tempo.
Non esclude, da sola, la possibilità che la conclusione non sia vera, punto. In altre parole, è perfettamente possibile per un'argomentazione valida avere una conclusione che non è vera!
Considera questo esempio:
Le arance sono o frutti o strumenti musicali.
Le arance non sono frutti.
∴ Le arance sono strumenti musicali.
La conclusione di questa argomentazione è ridicola. Tuttavia, segue dalle premesse. Se entrambe le premesse sono vere, allora la conclusione deve proprio essere vera. Quindi l'argomentazione è valida.
Viceversa, avere premesse vere e una conclusione vera non è sufficiente per rendere valida un'argomentazione. Considera questo esempio:
Londra è in Inghilterra.
Pechino è in Cina.
∴ Parigi è in Francia.
Le premesse e la conclusione di questa argomentazione sono, di fatto, tutte vere, ma l'argomentazione è non valida. Se Parigi dovesse dichiarare l'indipendenza dal resto della Francia, allora la conclusione non sarebbe più vera, anche se entrambe le premesse rimarrebbero vere. Quindi, c'è un caso in cui le premesse di questa argomentazione sono vere senza che la conclusione sia vera. Quindi l'argomentazione è non valida.
La cosa importante da ricordare è che la validità non riguarda l'effettiva verità o falsità delle frasi nell'argomentazione. Riguarda se è possibile che tutte le premesse siano vere e la conclusione non sia vera allo stesso tempo (in qualche caso ipotetico). Quello che è effettivamente il caso non ha un ruolo speciale da svolgere; e quali sono i fatti non determina se un'argomentazione è valida o no. Infatti se le premesse sono di fatto vere e la conclusione di fatto non è vera, allora viviamo in un controesempio; quindi l'argomentazione è non valida.
Niente riguardo al modo in cui stanno le cose può da solo determinare se un'argomentazione è valida. Si dice spesso che la logica non si cura dei sentimenti. In realtà, non si cura nemmeno dei fatti.
Quando usiamo un'argomentazione per provare che la sua conclusione è vera, allora, abbiamo bisogno di due cose. Prima, abbiamo bisogno che l'argomentazione sia valida; cioè, abbiamo bisogno che la conclusione segua dalle premesse. Ma abbiamo anche bisogno che le premesse siano vere. Diremo che un'argomentazione è solida se e solo se è sia valida e tutte le sue premesse sono vere.
Il rovescio della medaglia è che quando vuoi confutare un'argomentazione, hai due opzioni: puoi mostrare che (una o più delle) premesse non sono vere, o puoi mostrare che l'argomentazione non è valida. La logica, tuttavia, ti aiuterà solo con quest'ultima strada!
Argomentazioni induttive
Molte buone argomentazioni sono non valide. Considera questa:
Finora, ogni inverno ha nevicato a Torino.
∴ Nevicherà a Torino il prossimo inverno.
Questa argomentazione generalizza delle osservazioni su molti casi (passati) a una conclusione su tutti i casi (futuri). Tali argomentazioni sono chiamate argomentazioni induttive. Tuttavia, l'argomentazione non è valida. Anche se ha nevicato a Torino ogni inverno finora, rimane possibile che Torino rimanga asciutta per tutto il prossimo inverno.
Infatti, anche se d'ora in poi nevicherà ogni inverno a Torino, potremmo ancora immaginare un caso in cui quest'anno è il primo anno in cui non nevica per tutto l'inverno. E quello scenario ipotetico è un caso in cui le premesse dell'argomentazione sono vere ma la conclusione non lo è, rendendo non valida l'argomentazione.
Il punto di tutto questo è che le argomentazioni induttive, anche le buone argomentazioni induttive, non sono (deduttivamente) valide. Non sono a tenuta stagna. Per quanto improbabile possa essere, è possibile che la loro conclusione sia falsa, anche quando tutte le loro premesse sono vere. In questo corso, metteremo da parte (interamente) la questione di cosa renda buona un'argomentazione induttiva. Il nostro interesse è semplicemente nel separare le argomentazioni (deduttivamente) valide da quelle non valide.
Quindi: siamo interessati al fatto che una conclusione segua o no da alcune premesse. Non siamo interessati a dire, però, che le premesse inferiscono la conclusione. L'implicazione è una relazione tra premesse e conclusioni; l'inferenza è qualcosa che facciamo noi. Quindi se vuoi menzionare l'inferenza quando la conclusione segue dalle premesse, potresti dire che si può inferire la conclusione dalle premesse.